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  • La Primavera dei Colli Friulani

    In dialetto friulano significa «la primavera». Per Alberto Piovan, in fondo, La Viarte è stata proprio questo. Origine veneta e destinazione friulana, per un uomo che ha trasformato la sua passione per il vino in una scelta di vita. Era il 2012 quando scattò il colpo di fulmine, quella scintilla che poi infiammò tutto. Alberto Piovan aveva già deciso di cambiare la sua esistenza insieme a Elena, sua compagna di vita e di avventura che lo ha sempre accompagnato e sostenuto, rifiorendo in una veste che lo avrebbe visto, da lì a poco, percorrere la vigna e girare il mondo per raccontare di essa. Osservava terreni e visitava aziende già da un paio d’anni, ma quando vide questi 33 ettari cullati fra Corno di Rosazzo e Prepotto, nel magico susseguirsi dei Colli Orientali del Friuli – capì che quel luogo sarebbe diventato casa. L’azienda viveva già dal 1973, fondata da Franco Ceschin. Alberto ed Elena la rilevarono e, con l’aiuto dell’enologo Gianni Menotti, rimisero a nuovo ciò che necessitava di qualche bonifica. Il loro progetto prese avvio nel 2013, mirando fin da subito alla produzione di vini eccellenti. Volevano il territorio, volevano l’espressione del vitigno più naturale possibile e, soprattutto, volevano l’eleganza.

    Questo sono, infatti, i vini de La Viarte: eleganza. Alberto Piovan ha sempre puntato su tale caratteristica per poter definire lo stile dei propri vini. Le sue uve erano predisposte ad essa, grazie al profilo minerale dei terreni che qui abbondano di ponca, particolarissima conformazione definita da una stratificazione di marne e arenarie. In questo contesto pedologico, Alberto Piovan ha deciso di dare spazio all’espressione friulana a bacca bianca così come quella a bacca rossa. «Credo molto negli autoctoni», afferma Alberto, «ed è per questo che noi vinifichiamo vitigni anche piuttosto rari; uno di questi è il Tazzelenghe, che è per noi motivo di grande orgoglio». Consapevole che il picco massimo di territorialità risieda nel Friulano, Alberto Piovan non nasconde parole di attaccamento quasi affettivo verso ciascuna varietà regionale, che si guadagna a buon diritto un posto privilegiato nel vigneto de La Viarte. Ma anche i vitigni internazionali hanno potuto trovare il proprio spazio nei 22 ettari di vigneto di proprietà, assorbendo l’eleganza del terroir alla pari degli autoctoni. Il respiro che La Viarte vuole dare ai propri vini è lo stesso che viene dato al vigneto così come all’ambiente che lo circonda. Gli ettari di proprietà mantenuti volutamente a bosco tutelano l’istinto naturale del luogo, così da poter celebrare la vita nella sua spontaneità, nella sua varietà preziosissima per tutelare l’ecosistema. Il metodo di coltivazione si basa sulla scelta dell’agricoltura integrata e si avvicina al rispetto per la natura con il passo consapevole della ricerca e dell’innovazione.

    LA VIARTE IN CINQUE VINI:

    · CHARDONNAY LIENDE 2018 – Naso fine, delicata espressione di una trama fruttata che rimanda alla pesca bianca e all’agrume, mescolando la citronella alle note erbacee sullo sfondo gessoso che lascia trapelare una placida diffusione di gelsomino e di vaniglia. In bocca è sinuoso ma affatto carente di sferzo, determinato dalla sapidità e dalla freschezza che si protraggono in un finale amaricante.

    · FRIULANO LIENDE 2017 – Naso finemente intricato, definito da note silvestri che oscillano piacevolmente fra l’erbaceo e il balsamico, su uno sfondo floreale bianco. La freschezza, al palato, è lineare e incisiva, mitigata da una certa mansuetudine glicerica.

    · SAUVIGNON LIENDE 2017 – Varietale, al naso, senza strabordare negli eccessi di un’intensità forzata. Passion fruit, erbe aromatiche e una nota mentolata compongono il bouquet che racconta del Sauvignon ma anche della ponca friulana, attraverso lo sfondo gessoso che fa da base a tutti i colori del naso. In bocca è freschissimo. Porta l’immaginazione al futuro, quando si potrà assaporare la sua evoluzione.

    · REFOSCO DAL PEDUNCOLO ROSSO 2011 – Naso complesso. Necessità di un po’ di pazienza per aprirsi. E’ piuttosto coeso: trapelano note di viola, pepe nero, ribes, grafite e liquirizia. Seguono tracce balsamiche di felce, legno di sandalo e aghi di pino, a rendere ancora più intricata la tessitura olfattiva. Accenna un carattere rude e amaricante nell’ingresso in bocca, che eppure sfuma in una grande eleganza. Equilibrato, ha ancora da svolgersi nonostante i suoi già otto anni. E’ ancora freschissimo, con un tannino che imprime solo con la sua essenza, senza alcuna aggressività.

    · SCHIOPPETTINO DI PREPOTTO 2011 – Affascinante naso di evoluzione. Le bacche scure, la terra, il ginepro, il mirto e la foglia di aloe si confondono nella trama di un tessuto restituito dal tempo. In bocca non mostra più segni di ruvidità o di rudezza. Questo è il suo momento rigoglioso, la maggiore espansione di sé. Il tannino è vellutato, l’acidità mansueta. Rimane quella sapidità, vibrante per natura, a mantenere desto il sorso elegante e inaspettatamente docile.